È un bel pomeriggio d’inverno. Visto che c’è il sole, il signor Mohole ha deciso di andarsene fuori città, in cerca di paesaggi da fotografare. Prende il suo armamentario fotografico e si mette in macchina. Via, verso la campagna.
Dopo le ultime case di periferia, la strada asseconda le colline, serpeggia morbida una curva dopo l’altra.
«Che giornata», pensa Mohole.
Il cielo terso riempie il parabrezza. La campagna scorre nei finestrini, come un film.
Il signor Mohole accende l’autoradio, ci infila un disco di musica jazz. «Che luce» pensa, pregustando le fotografie che scatterà. E prende a tamburellare le dita sul volante.
Di tanto in tanto l’automobile sobbalza sulle irregolarità dell’asfalto, ma il paesaggio è sempre lì, in posa per farsi ritrarre.
La strada si infila in una breve galleria, ma la luce è là in fondo, gli occhi di Mohole non fanno in tempo ad abituarsi al buio che già sono nuovamente inondati di sole. A destra le colline si alzano in montagne, a sinistra si apre una vallata verde. Ecco un’altra galleria. Stavolta è più lunga, non se ne intravede l’uscita; in alto, sulla volta di cemento, c’è una fila di lampade gialle, disegna nel parabrezza un tratteggio ritmato. Il signor Mohole alza un po’ il volume della musica.
È lungo, il tunnel, ma ecco una nuova esplosione di luce: da una parte la valle, dall’altra le montagne. E davanti, un’altra galleria. Anche questa lunghetta. La fila di lampade gialle, la luce in fondo, il sole. Va abbassandosi, il sole, man mano che il pomeriggio avanza.
Mohole canticchia a tempo di jazz: «Colori là fuori, la fuori colori». Guida e canta: «Prati colline e sole, dududù tadà». E intanto infila un’altra galleria.
Stavolta è proprio lunga: le luci gialle cadenzano, ritmicamente, il rettilineo. La galleria curva leggermente a destra, poi torna dritta. È lunga, ma finirà.
E infatti a un certo punto finisce, e adesso la luce è proprio bella: le ombre si sono stirate, è il momento ideale per scattare fotografie.
«Tra un po’ mi fermo», dice Mohole tra sé e sé.
Ma comincia un’altra galleria. Lunghissima. È una canna di fucile, si perde all’infinito. Mohole spinge sull’acceleratore, il ritmo delle luci gialle aumenta, ma la galleria sembra non finire più.
Poi la musica si ferma, il disco è finito. Resta solo il rombo del motore, l’automobile lanciata a tutta velocità.
La fila di luci gialle s’interrompe, finalmente. Ecco l’uscita dal tunnel. Ma intanto è calata la notte.
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