Qualche settimana fa sul sito Olympus è uscito un mio articolo sul fotografare i concerti. Lo ripropongo qui in italiano e in versione estesa. Non metto anche le attrezzature utilizzate: potete trovarle a questo link: The light of music.
Mi piace la musica live. Sul palco il tempo scorre in modo diverso. E soprattutto c’è qualcosa di insolito per un fotografo: il suono.
La fotografia registra la luce, non il suono. Ed è un vantaggio. Sul serio: se non puoi catturare il suono, sei obbligato a cercarlo nella luce. È un po’ come scattare senza un obiettivo zoom: la focale fissa ti spinge a cercare la giusta inquadratura muovendoti avanti e indietro, ti obbliga a usare le gambe. E così puoi entrare nella scena, proprio mentre essa si compone.
Durante un’esibizione dal vivo devi concentrati sulla melodia, sugli sviluppi e sui cambiamenti dello spettacolo, sulle reazioni del pubblico. Sono momenti speciali pieni di piccoli dettagli, dita che si muovono, mani che s’intrecciano, occhi. È lì che si nasconde il suono.
Quello che sta per concludersi è stato un anno di viaggi e foto in giro per il mondo. Ho fotografato anche molti eventi musicali, tra cui alcuni concerti di Rodrigo y Gabriela, Daniele Sepe e Flo.
Il duo di chitarre messicano Rodrigo y Gabriela ha letteralmente reinventato l’uso della chitarra classica. Partendo dalla passione per l’heavy metal, Rod & Gab hanno miscelato rock e nuevo flamenco creando una peculiare sonorità, difficile da inquadrare in un genere. Col loro personalissimo stile acustico, hanno girato il mondo già diverse volte, hanno suonato in teatri come la Sidney Opera House, la Radio City Music Hall in New York, la Orchard Hall in Tokio, sono stati ospiti della Casa Bianca e delle Nazioni Unite. I loro cinque album hanno venduto più di cinque milioni di copie.
Durante il tour di presentazione dell’ultimo disco, «9 Dead Alive», ho coperto due spettacoli alla Royal Albert Hall di Londra. Grande teatro per due eventi magistrali: Rodrigo y Gabriela si sono esibiti per oltre due ore, suonando e saltando sul palco, senza sosta. Quei due sono un pozzo di energia, e per me è stato entusiasmante fotografarli.
Eclettico, ironico, diretto. Lo definirei così Daniele Sepe, musicista ben noto per il suo vasto repertorio che va dalle canzoni di protesta internazionali al jazz più raffinato. Napoletano, Sepe ha iniziato negli anni ’70 partendo dal flauto, per poi approdare al sax. Il suo stile fonde jazz, funk, melodie mediterranee, rock, rap e funky in un ampio spettro di originalissime contaminazioni. La forza delle sue sonorità è accompagnata dal forte impegno sociale, e da una personale declinazione dell’ironia napoletana.
Oltre a comporre bellissime melodie, usate anche nel cinema (ad es. Martone, Salvatores, Terry Gilliam), Daniele Sepe ha interpretato grandi musicisti di tutte le epoche, dalla musica classica a quella etnica, da Victor Jara a Frank Zappa. Ha inciso più di trenta dischi, nell’ultimo decennio in modo del tutto indipendente. A breve uscirà il suo ultimo album: «A note spiegate».
Dal vivo, Daniele è instancabile. Libera una grande energia e non smetterebbe mai di suonare. Jazzista purosangue, sovente improvvisa e – da maestro qual è – di tanto in tanto dà le spalle al pubblico per dirigere i suoi musicisti. Scattare foto con lui è divertente, oltre che istruttivo.
Napoli è uno scrigno di invenzioni e belle scoperte. Una di queste si chiama Floriana Cangiano, in arte Flo. Artista giovane e talentuosa, ha iniziato negli anni ’90 lavorando nel teatro e con molti musicisti napoletani, ultimo dei quali proprio Daniele Sepe. Con la sua passione per la musica tradizionale e la world music, Flo è una delle più brillanti ed eclettiche voci della scena musicale europea. Influenzata dalle sonorità mediterranee e dai cantautori dell’America Latina, raccoglie l’eredità di molti artisti, da Violeta Parra a Lhasa de Sela. Il suo primo album da solista, «D’amore e di altre cose irreversibili», contiene brani di grande sensibilità e poesia. Il disco ha avuto subito un grande successo, le ha portato numerosi premi e la sta proiettando in giro per l’Europa.
Flo è cresciuta all’ombra del Vesuvio, ed è lì, evidentemente, che ha imparato a essere un vulcano. È un magma, quello che cela dentro di sé e che riversa sul palco. Mi piace molto fotografare le sue mani e i suoi occhi. La sua musica è là, mi pare.
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